N.2839/2004
Reg. Dec.
N.
4777
Reg.
Ric.
Anno
2002 |

R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
Sul ricorso in appello proposto da FARMACIA ITALIA S.P.A. (già
FARMACIA & UPJOHN S.P.A.) rappresentata e difesa da AVV. TO PAOLO
VAIANO e PROF. DIEGO VAIANO presso i quali elettivamente domicilia
in Roma, al Lungotevere Marzio 3
contro
L’AZIENDA SANITARIA LOCALE n. 22 di Acqui Terme, Novi Ligure, non
costituito
nonché contro
LA REGIONE PIEMONTE
in persona del presidente della Giunta regionale pro-tempore,
rappresentata e difesa dagli AVV. ENRICO ROMANELLI E GIULIETTA
MAGLIONA, ed elettivamente domiciliata in Roma, presso l’avv.
Romanelli, al Viale Giulio Cesare n. 14
e nei confronti
della FEDERFARMA- Federazione nazionale unitaria dei titolari di
farmacia italiani, in persona del legale rappresentante
pro-tempore e della FEDERFARMA PIEMONTE, in persona del legale
rappresentante pro-tempore, rappresentate e difese dagli Avv.
Prof. MASSIMO DE ANDREIS e MARIO CONTALDI, presso il quale
elettivamente domicilia in Roma, alla Via Pierluigi da Palestrina,
63
e nei confronti
della ADS-ASSOCIAZIONE DISTRIBUTORI FARMACEUTICI, non costituita
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il
Piemonte n. 725/2002 del 20 aprile 2002, con la quale è stato in
parte dichiarato inammissibile ed in parte respinto il ricorso n.
1787/2001 e inammissibile il ricorso n. 1987/2001
Visto l’appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Piemonte,
di FEDERFARMA NAZIONALE e di FEDERFARMA Piemonte;
Visti gli atti tutti della causa;
Udito, alla pubblica udienza del 2 marzo 2004 il relatore,
Consigliere Livia Barberio Corsetti e uditi altresì per le parti
gli Avv.ti D. Resta su delega dell’Avv. P. Vaiano, G. Pafundi su
delega dell’Avv. E. Romanelli e G. Contaldi su delega dell’Avv. M.
Contaldi;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue
FATTO
I- Con un primo ricorso al TAR per il Piemonte (1787/2001) la
FARMACIA ITALIA S.P.A ha impugnato:
1) la delibera della Giunta Regionale del Piemonte n. 1.3808 del 9
agosto 2001 nella parte in cui : a) viene imposto ai medici di
famiglia, pediatri di libera scelta e medici dipendenti del SSN di
tenere in considerazione anche l’aspetto economico della
prescrizione, indicando, ove è possibile, nella prescrizione o
nella proposta terapeutica in nome del principio attivo anziché
quello della specialità medicinale; b) viene stabilito che “i
farmaci di cui all’allegato 2 del D.M. 22 dicembre 2000 di
revisione delle note CUF ed eventualmente altri farmaci impiegati
per patologie di particolare complessità clinica e gestionale,
individuati in specifico elenco, devono essere acquistati e
distribuiti direttamente dalle ASL” e che, contestualmente alla
distribuzione diretta, “le Aziende possono sperimentare forme
miste di distribuzione diretta dei predetti farmaci, avvalendosi
delle farmacie del territorio, con modalità da concordarsi in
ambito regionale con le OOSS di categoria e comunque con un
riconoscimento di un onere per la distribuzione non superiore al
13% del prezzo pubblico IVA esclusa ai farmacisti titolari e non
superiore al 4% del prezzo al pubblico IVA esclusa ai distributori
intermedi di medicinali”;
3) dell’accordo, stipulato in data 31 agosto 2000 tra l’Assessore
alla Sanità della Regione Piemonte, la Federfarma Piemonte e
l’Associazione distributori farmaceutici e recepito dalla Giunta
regionale con delibera del 17 settembre 2001 n. 23-3935 mediante
il quale: a) vendono individuati in apposito elenco i farmaci
destinati alla distribuzione diretta; b) vengono autorizzati i
distributori intermedi ad acquistare detti farmaci dalle aziende
produttrici per la successiva distribuzione esclusiva alle
farmacie piemontesi alle condizioni risultanti dalle procedure di
acquisto espletate dalle ASL; c) viene concordato che per detta
distribuzione anche ai pazienti spetta ai grossisti il margine del
4% sul prezzo al pubblico ed alle farmacie il margine del 13% sul
prezzo al pubblico.
Quanto al primo provvedimento sosteneva di essere legittimata alla
proposizione del ricorso in quanto produttrice di alcuni farmaci
(Zimox) dei quali, dopo a scadenza del brevetto, è in commercio un
prodotto copia venduto a minor prezzo; di essere legittimata al
resto dell’impugnazione dalla circostanza che nell’elenco allegato
all’accordo con le associazioni di distributori figurano suoi
importanti prodotti (Somatropina, specialità Genotropin).
L’attualità dell’interesse ad impugnare doveva risultare dalla
immediata efficacia della prescrizione con cu venivano vincolati i
medici e dal nuovo regime di distribuzione.
Avverso il primo provvedimento lamentava:
Violazione dell’obbligo di imparzialità nell’azione della P.A. con
turbativa del mercato dei farmaci.
Con la finanziaria per il 201 (art. 83, comma 26 legge 388/2000)
il rapporto tra prescrizione del generico e della specialità è già
disciplinato: è stata riconosciuta al medico la libertà di
prescrivere indifferentemente l’uno o l’altro evitando che il
maggior costo ricada sul servizio pubblico.
La disposizione impugnata non appare pertanto giustificata ed ha
solo l’effetto di aumentare le vendite dei generici, con turbativa
del mercato. Né può ritenersi che la disposizione impugnata sia
dettata a tutela degli assistiti, i quali a norma della legge n.
388/2000 debbono essere informati dell’esistenza dei farmaci
generici integralmente rimborsabili. Conferma l’esattezza di
tale impostazione anche l’articolo 7 del D.L. 18 settembre 2001,
n. 347, che rispetta il diritto di scelta del medico. Non
esiste, pertanto, nelle fonti normative primarie, una preferenza
per il farmaco generico. Ove si ritenesse che tale preferenza
risulti dal sistema normativo vigente, se ne denuncia
l’illegittimità costituzionale per violazione de principio di
ragionevolezza e del principio di libertà di iniziativa economica
siccome turba le regole fondamentali del mercato del farmaco,
basato sulla libera scelta del medico a sua volta fondata sulla
fiducia nel produttore.
Avverso gli altri provvedimenti impugnati lamentava:
a- Violazione dell’accordo Governo-Regioni dell’8 agosto 2001 nel
quale si era concordato tra le parti di attendere nuovi strumenti
legislativi. All’indomani di tale accordo la regione Piemonte ha
proceduto per proprio conto, adottando misure in contrasto con la
legislazione esistente e con le norme del successivo decreto legge
del 18 settembre 2001.
b- Violazione del D.M. 22 dicembre 2000 all. 2 e limitatamente
all’accordo 9 agosto 2001 anche della delibera impugnata nella
parte in cui indica quali medicinali possono essere inseriti
nell’elenco.
Mentre la delibera limita l’operatività del nuovo regime ai
farmaci di cui all’articolo 2 de D.M. 22 dicembre 2000, l’elenco
dei farmaci allegato all’accordo con le associazioni di
distributori aggiunge tre principi attivi di largo consumo che in
nessun modo possono essere riferiti "a patologie di particolare
complessità clinica e gestionale". Si tratta, invero, di un
antipertensivo e di due antibiotici di nuova generazione, tutti di
grande diffusione ma di costo unitario modesto.
In tal modo l'accordo si è posto non soltanto contro la delibera
regionale, ma anche contro i criteri che hanno guidato la
formazione dell'elenco allegato 2 al D.M. 22 dicembre 2000 e che
così sono indicati nelle premesse al detto elenco: "criterio di
inclusione: quando la complessità clinica e gestionale della
patologia trattata preveda un periodico ricorso alla struttura".
Né il sopraggiungere della normativa recata dal D.L.347/2001 vale
a sanare il vizio denunciato, poiché l'art.8 di detto decreto che
detta "particolari modalità di erogazione di medicinali agli
assistiti" prevede l'erogazione diretta da parte delle strutture
pubbliche solo dei "medicinali che richiedono un controllo
ricorrente del paziente".
c- Violazione dell'art.9 del D.L.8 luglio 1974 n.264 e dell'art.3,
comma 128, della L.28 dicembre 1995 n.549.
Il meccanismo di erogazione dei farmaci che risulta dalla delibera
regionale e dall'accordo con le associazioni di categoria prevede
che venga applicato alla distribuzione attraverso farmacie il
prezzo conseguito attraverso la procedura di gara della ASL. Ma
ciò non è legittimo per la presenza nelle gare bandite dalle ASL
dello sconto stabilito nel 1974 e tuttora vigente: "lo sconto non
inferiore al 50%, che le imprese produttrici...sono tenute a
concedere alle aziende ospedaliere ed ai presidi ospedalieri....
deve essere stabilito mediante contrattazione tra le parti
interessate (art.3, comma 128, legge 28 dicembre 1995 n. 549).
Detto sconto, invero, se esteso a tutti gli acquisti del S.S.N.
resta privo di quelle giustificazioni che ad avviso delta Corte
Costituzionale ne salvano la costituzionalità.
In proposito la Corte Costituzionale (sentenze nn.144 del 1972,
201 del 1975, 102 del 1993) e di recente anche il Consiglio di
Stato (parere n. 571 reso dalla III sezione in data 30 agosto
1994), hanno ritenuto che "le motivazioni che hanno indotto il
legislatore a sanzionare con legge lo sconto d'uso nei rapporti
fra case farmaceutiche ed enti (oggi aziende e presidi)
ospedalieri trovano ampia giustificazione nelle minori spese
sostenute sia per la distribuzione che per la confezione delle
specialità medicinali, nonché nei maggiori guadagni realizzabili
per la vendita diretta di grossi quantitativi agli ospedali". Tali
aspetti, che le suddette superiori giurisdizioni ritengono
necessari per controbilanciare la prestazione patrimoniale imposta
alle imprese per legge, sono evidentemente del tutto assenti nella
procedura di distribuzione dei farmaci descritta in oggetto, nella
quale, al contrario, il risparmio sulla spesa a carico del
servizio sanitario è esattamente eguale al mancato guadagno che
viene illegittimamente imposto alle imprese farmaceutiche ed alle
strutture di distribuzione rispetto all'ordinario prezzo di
vendita al pubblico, senza che tale sacrificio possa trovare
compensazione nelle minori spese sostenute per la confezione e
distribuzione dei prodotti ovvero nei maggiori guadagni correlati
alla vendita diretta di grossi quantitativi. Né la difformità con
le leggi che tuttora regolano lo sconto sulle forniture alle ASL
risulta sancita dalla legislazione successiva agli atti impugnati.
Conclude per l’accoglimento del ricorso e la condanna delle
amministrazioni convenute al risarcimento dei danni.
d- Violazione dei principi generali in materia di cessione dei
contratti. L’autorizzazione prevista nell’accordo, rilasciata al
grossista ad acquistare al prezzo ottenuto attraverso la gara
medicinali per successiva distribuzione tramite farmacie ha valore
di cessione di contratto e come tale non produce effetti senza i
consenso del contraente ceduto (cod. civ. art. 1406).
II- Con un secondo ricorso (n. 1987/2001) la Società impugnava
altresì il bando di gara emesso dalla ASL 22 della Regione
Piemonte in data 2 novembre 2001 per la fornitura dei medicinali,
nella parte in cui, nel capitolato speciale all’articolo 3, punto
6, tra gli obblighi contrattuali previsti a carico delle aziende
fornitrici, sanzionandone la mancata accettazione con l’esclusione
dalla gara, prevede che “i contratti stipulati con le ditte
aggiudicatarie della presente somministrazione potranno essere
estesi anche ad altri soggetti diversi dalle amministrazioni
contraenti in rapporto alle esigenze, ferma restando in ogni caso
l’applicazione delle stesse condizioni economiche offerte in sede
di gara” ed al successivo articolo 6 richiede che “unitamente
all’offerta, pena l’esclusione dalla gara”venga prodotta “una
copia del capitolato speciale di gara debitamente sottoscritta in
ciascuna pagina dal legale rappresentante della Ditta in segno di
accettazione”.
Avverso tale provvedimento deduceva i vizi di violazione di legge
ed eccesso di potere in quanto la ASL ha illegittimamente
condizionato l’ammissione alla gara alla concessione di vantaggi
estranei alla procedura di selezione delle offerte; il consenso
restato alla cessione del contratto è poi viziato perché ottenuto
con la minaccia dell’esclusione.
Si costituivano in giudizio per resistere la Regione Piemonte e la
Federfarma nazionale e del Piemonte.
III- Il Tar adito, previa riunione dei ricorsi, ha rigettato
l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo
e le ha respinti.
Quanto al motivo relativo alle prescrizioni per i medici di
famiglia, ha ritenuto che esse fossero conformi ad un sistema
nazionale nel quale la spesa massima che può gravare sul SSN è
stata ricondotta prima al prezzo medio ponderato dei medicinali
aventi prezzo non superiore a quello massimo attribuibile al
generico (art. 85, comma 26, della legge 388/2000) e poi al prezzo
più basso del corrispondente farmaco generico disponibile sul
mercato (art. 7, comma 1, D.L. 347/2001). Ha peraltro rilevato che
la prescrizione non era vincolante e tutelava la libertà di scelta
del medico.
Per quanto riguarda gli altri provvedimenti impugnati ha concluso
che la ricorrente difettava di interesse, non avendo partecipato
alla gara per i lotti interessati al particolare sistema di
distribuzione censurato e non potendo pertanto lamentare effetti
lesivi attuali.
IV – La Pharmacia Italia impugna tale decisione riproponendo tutte
le censure già illustrate nel ricorso introduttivo. Contesta
innanzitutto la ritenuta inammissibilità del ricorso avverso
l’accordo del 31 agosto 2001 e avverso il bando di gara. Il nuovo
meccanismo di distribuzione dei farmaci non è infatti un atti
generale che abbisogna di un atto applicativo, ma è un atto
immediatamente efficace che può essere direttamente impugnato da
qualsiasi azienda che operi nel settore e che ha nel proprio
listino prodotti per i quali è previsto i nuovo regime di
distribuzione. Circostanza ce, nel caso, è fuori di dubbio per la
presenza nel listino del Genotropin, a base di somatropina. Quanto
alla inammissibilità dell’impugnativa del bando per mancata
presentazione dell’offerta, questa può corrispondere ad una scelta
dell’Azienda determinata proprio dalle denunciate illegittimità.
Ripropone quindi tutti i motivi già illustrati in primo grado e
la domanda di risarcimento dei ingenti danni subiti.
V- Si sono costituite in giudizio Federfarma nazionale e
Federfarma Piemonte che ricordano che analoga questione è stata
già decisa dalla V Sezione del Consiglio di Stato con sentenze n.
151-159 dell’1 marzo 2003. Chiedono che il ricorso sia dichiarato
inammissibile in quanto esso riguarda esclusivamente atti generali
e non atti applicativi, rispetto ai quali il pregiudizio non si è
ancora concretizzato.
VI. Si è costituita in giudizio anche la Regione Piemonte,
difendendo la legittimità degli atti impugnati e concludendo per
la dichiarazione di inammissibilità del ricorso introduttivo o per
la reiezione dell’appello.
DIRITTO
1. Con deliberazione n. 1-3809 in data 9 agosto 2001, avente ad
oggetto: “Programmazione Sanitaria. Ulteriori determinazioni
per la gestione del servizio sanitario regionale dell’anno 2001 in
relazione ai risultati del secondo monitoraggio trimestrale e
della revisione dell’accordo Stato regioni del 3 agosto 2000”,
la Giunta Regionale del Piemonte adottava
una serie di misure di contenimento della spesa sanitaria,
dettando disposizioni in materia di orientamento delle
prescrizioni mediche e di “acquisto e distribuzione diretta dei
farmaci”.
Il provvedimento, adottato nel quadro attuativo della
razionalizzazione della spesa sanitaria, prevista dagli articoli
85, comma 7 e 59 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, nonché
dall’accordo Stato-Regioni dell’ 8 agosto 2001, stabiliva che i
medici avrebbero dovuto tenere conto anche del costo delle
prescrizioni, orientandosi, ove possibile, sui farmaci generici,
individuati mediate il principio attivo e che alcuni farmaci
individuati in apposito elenco sarebbero stati acquistati e
distribuiti direttamente dalle ASL, oppure dalle farmacie per
conto delle ASL, con modalità da stabilirsi mediante un successivo
accordo con le organizzazioni di categoria dei grossisti e dei
titolari di farmacie.
2. In
data 31 agosto 2001 la Regione stipulava l’accordo con i
farmacisti e con i distributori intermedi, recependolo con
delibera della Giunta regionale n. 23/3935 del 17 settembre 2001.
L’accordo prevedeva, per alcuni farmaci, un regime di
distribuzione diretta attraverso le ASL, oppure attraverso le
farmacie del territorio, secondo le seguenti modalità, in parte
già definite dalla precedente delibera della Giunta Regionale n.
53-2183 del 5 febbraio 2001, la quale fa riferimento allo
svolgimento di procedure comuni fra diverse ASL per l’acquisto di
beni e servizi.
-
Il prezzo è stabilito attraverso una gara indetta da una ASL
appositamente prescelta in sede regionale, la quale opera anche
per conto delle altre aziende sanitarie convenzionate o delle
aziende, che, successivamente, aderiscano alla convenzione.
-
La gara si svolge sulla base del prezzo “scontato” del 50 %, in
base alla previsione dell’art. 9 del decreto legge 8 luglio 1974,
n. 264.
-
A questo prezzo i farmaci vengono acquistati dalle ASL e dai
grossisti autorizzati, che ne riforniscono le farmacie.
-
Ai grossisti e ai farmacisti vengono imposti oneri calcolati con
percentuali, rispettivamente, del 4 e del 13 per cento, calcolate
sul prezzo di vendita al pubblico.
-
I farmaci oggetto di questo particolare sistema distributivo sono
individuati, oltre che nei principi attivi di cui all’allegato 2
del D.M. 22 dicembre 2000, di revisione delle note della
Commissione Unica del Farmaco, nei seguenti principi: omeprazolo,
enalapril e claritromicina, ritenuti di costo elevato ed impiegati
per patologie di particolari complessità clinica e gestionale.
3. La ASL in data 2 novembre 2001 ha emesso un bando di gara
per la fornitura di medicinali, protesi ed altro, con allegato
capitolato speciale. Nel bando si prevedeva che una copia del
capitolato di gara, debitamente sottoscritta in ciascuna pagina
dal legale rappresentate dovesse essere prodotta in segno di
accettazione del condizioni ivi contenute.
Il punto 3.6 del capitolato speciale tra gli obblighi contrattuali
che “i contratti stipulati con le ditte aggiudicatari…potranno
essere estesi anche ad altri soggetti diversi dalle
Amministrazioni contraenti…ferma restando in ogni caso
l’applicazione delle stesse condizioni economiche offerte in sede
di gara.
L’appellante, ricorrente in primo grado, nella qualità di impresa
operante nel settore della produzione e distribuzione di prodotti
farmaceutici, sostiene l’illegittimità dei provvedimenti
impugnati, sotto molteplici profili, contestando analiticamente la
decisione del tribunale.
4. L’appellante censura in primo luogo la sentenza impugnata per
avere ritenute inammissibili tutte le censure dei due ricorsi
volte avverso i provvedimenti che hanno preceduto il bando di gara
e avverso lo stesso bando per non avere essa partecipato alla gare
per i lotti di medicinali sottoposti allo speciale regime
impugnato col ricorso.
Sostiene che i detti provvedimenti sono in se stessi lesivi in
quanto configurano un sistema di distribuzione dei farmaci che
penalizza le aziende farmaceutiche imponendo loro di vendere
determinati medicinali non solo alle ASL, ma anche ai grossisti,
al prezzo scontato del 50%, adoperando a tal fine il meccanismo
della gara indetta dalla ASL; quanto al bando di gara, esso
contiene la clausola della cessione del contratto, che costituisce
il mezzo per raggiungere il fine lesivo voluto dai provvedimenti a
monte e che deve considerarsi lesivo esso stesso per gli stesi
motivi.
5. Il motivo è infondato.
Quanto agli atti presupposti, che si vogliano definire o meno
generali, si deve dire che non sono suscettibili di per sé di
recare alcun danno se ad essi non segue l’attivazione del nuovo
sistema attraverso l’indizione di una gara. Quanto alla gara, non
si vede come possa impugnarla chi ad essa non ha partecipato e
quindi è completamente estraneo al suo svolgimento e al suo esito.
L’appellante cita a conferma della ammissibilità dei motivi una
recente decisione nella quale la V Sezione del Consiglio di Stato
ha affermato che sussiste l’onere di immediata impugnazione del
bando di gara in caso di clausole irragionevoli, tali da non
consentire una corretta formulazione dell’offerta (CDS, Sez.
V, sent. 14 maggio 2001, n. 2645).
Tale decisione ha però come presupposto la circostanza che
l’impugnazione sia promossa da soggetto che abbia partecipato alla
gara, restando sempre escluso l’interesse all’impugnazione in caso
di mancata partecipazione. In altri termine l”onere di immediata
impugnazione” non esenta l’interessato dall’avere un interesse
differenziato, attuale e concreto, ma pone a suo carico un obbligo
ulteriore, consistente nella immediata impugnazione della clausola
lesiva, clausola che, però va sempre valutata in correlazione con
l’effettiva partecipazione alla procedura.
Ne consegue che sul punto la sentenza deve essere confermata.
6. per quanto riguarda il motivo relativo agli orientamenti per
medici di base contenuti nella delibera regionale impugnata, si
prende atto che l’appellante ha dichiarato di non avere interesse
a coltivarlo in relazione all’entrata in vigore dell’articolo 7
del D.L. 347/2001.
In definitiva, quindi, l'appello deve essere rigettato
. Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare le spese del
giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione IV:
Rigetta l’appello e compensa le spese del giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 2 marzo 2004, dal Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale, Sezione IV, riunita in Camera di Consiglio
con l’intervento dei Signori:
Gaetano Trotta Presidente
Livia Barberio Corsetti Consigliere, est.
Aldo Scola Consigliere
Carlo Deodato Consigliere
Sergio De Felice Consigliere
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Livia Barbenerio Corsetto Gaetano Trotta
IL SEGRETARIO
Maria Cecilia Vitolla
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
07 maggio
2004
(art. 55,
L. 27.4.1982 n. 186)
Il Dirigente
Antonio Serrao |